Le antenate della "Belle Portugaise"


L’ibridatore Henry Cayeux descrive la sua creazione:

"...Belle Portugaise, from Souvenir de Léonie Viennot x R. gigantea.
A large and beautiful rose of very delicate coloring—shell pink touched with salmon. The very long buds reach a length, sometimes, of 10 cm. (4 inches), especially when they are produced at the ends of vigorous branches. The flower, when completely open, may measure from 15 to 16 centimeters (6-6.5 inches) in diameter. Grown in a temperate climate, Belle Portugaise attains a great development and is literally covered with its large blooms. It seems to have inherited the great luxuriance possessed by the mother plant, Souvenir de Léonie Viennot; moreover, it is able to produce fertile seeds, and might thus be very usefully employed in hybridization."

H. Cayeux, "Journal of Heredity" (1929), p. 307.


L’esuberanza e il vigore della “Belle Portugaise” sono dunque un’eredità della “Souvenir de Mme Léonie Viennot, una lussureggiante tea sarmentosa creata dall’ibridatore francese Jean-Alexandre Bernaix nel 1898 a Lione, a partire dalla storica “Gloire de Dijon”.

L'ibridatore Jean-Alexandre Bernaix
autore della Rosa "Souvenir de Madame Léonie Viennot"

Le proporzioni imponenti dell’ibrido di Henry Cayeux sono invece un lascito della Rosa gigantea.

La storia della scoperta della gigantea, definita da Graham Stuart Thomas "l'Imperatrice delle rose selvatiche", è piuttosto movimentata: due rinvenimenti, il primo nel 1882  ad opera del botanico scozzese Sir George Watt, “Medical Officer” nello Stato di Manipur (India nord-orientale); Sir George, colpito dalla grandezza dei suoi cinorrodi la chiamò R. macrocarpa, cambiando in seguito la denominazione in R. xanthocarpa, per sottolinearne il colore. A questo fortunato rinvenimento non fece seguito alcuna classificazione.

Bisogna attendere il 1888 perché il botanico Sir Henry Collett, avvistando a Shan Hills nello stato di Burma, i lunghi rami festonanti di questa rosa dai grandi fiori, la chiamasse Rosa gigantea e ne spedisse alcuni campioni ai giardini botanici di Kew e Calcutta. Di lì i campioni furono inviati al botanico belga François Crépin, il quale ne diede per primo una descrizione accogliendo, su suggerimento dello stesso Collett, il nome di Rosa gigantea.

Rosa gigantea Collett ex Crép.; campioni raccolti
da Sir Henry Collett sulle colline Shan,
in alta Birmania. Erbario Crépin.
Orto Botanico Nazionale del Belgio (BR).
Da "Botarosa", Les pages de la roseraie environnementale
de Chaumont-Gistoux.

Ecco cosa scrive a proposito Mauro Lino Roberto Pesce, membro della community “Le Rose Antiche”:

“(…). Secondo l'ipotesi formulata da Crèpin, la R. gigantea di Collett e la R. xanthocarpa di Watt erano due espressioni della stessa pianta; comunque tale opinione non venne mai condivisa da Watt, il quale preferiva credere che le due piante fossero distinte e che la R. gigantea fosse piuttosto un ibrido derivante da R. chinensis.
Per un certo periodo si è ritenuto che le differenze morfologiche individuate da Watt, come il possedere 7-9 foglioline invece di 5-7 ed avere fiori di colore piu' scuro, potessero essere inconsistenti. In particolare e' stato notato che le R. gigantea che vivono alle quote piu' alte, quindi in condizioni di temperatura più bassa, tendono ad avere una colorazione più intensa del fiore. Mentre le gelate sono pressochè sconosciute presso Shan Hills, dove è stata rinvenuta la R. gigantea, la R. xanthocarpa è stata raccolta in Manipur ad una considerevole altezza, dove il clima e' certamente più rigido; ciò potrebbe spiegare il mistero se non fosse che un'altra autorità nelle R. gigantea, l'ibridatore H. Cayeux, sostenne la prospettiva di Sir Watt. Attualmente si ritiene che entrambe le varietà siano sotto-specie di R. chinensis. La cosa può sembrare apparentemente difficile da credere, rammentando i bassi cespugli di 'Old Blush' dal fiore doppio che abbiamo in giardino; tuttavia le R. chinensis spontanee sono piante a fiore semplice che crescono notevolmente, e non è raro che raggiungano i 6 m di altezza. Crèpin era fermamente convinto che gli incroci di R. gigantea avrebbero potuto rivelarsi di maggior pregio rispetto a quelli ottenuti con R. chinensis, in virtù del fatto che la prima combinava bellezza del fogliame a fiori di grandezza ineguagliabile; per questo si prodigò perchè la coltivazione della pianta in occidente potesse avere successo, inviando parte dei semi raccolti ai giardini del sud Europa che, situati in una fascia climatica più calda, avrebbero fornito alla pianta un ambiente più adatto in cui crescere.
Oggi sappiamo quanto egli avesse ragione: la pianta ci ha effettivamente regalato una discendenza di una bellezza singolare. Successivamente alla scoperta di H. Collett e Sir Watt, W. Hancock e A. Henry segnalarono la presenza della pianta in Mengtze, Yunnan, a sud-ovest della Cina; in questo caso gli esemplari presentano fiori bianco puro, con una circonferenza di 15 pollici (40 cm circa).”


Da “la Storia delle Rose: La grande eredità della Rosa gigantea” di Mauro Lino Roberto Pesce, Museo Giardino della Rosa Antica.

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