Rose e Potere: I Tudor e la Rosa damascena versicolor

In lotta fra loro per lunghi anni nella cosiddetta "Guerra delle Rose" (1455-1485), le casate degli York e dei Lancaster, i cui emblemi erano rispettivamente una rosa bianca e una rosa rossa, furono unificate, nel 1486, dal matrimonio del vincitore Enrico VII Tudor, Lancaster per parte di madre, con la bianca Elisabetta di York.


Ritratto di Enrico VII
olio su tavola, autore sconosciuto
National Portrait Gallery, Londra

Ritratto di Elisabetta di York
olio su tavola, autore sconosciuto
National Portrait Gallery, Londra

L'unione fu simbolicamente suggellata dalla Rosa Tudor, ovvero, dalla Rosa damascena versicolor (Rosa 'York and Lancaster') caratterizzata da petali bianchi segnati e variamente macchiati di rosa più o meno intenso.
Come ricorda Graham Stuart Thomas, questa damascena, spesso confusa con la gallica 'Rosa Mundi', fu accuratamente descritta da Parkinson nel 1629 e citata da Shakespeare nell'"Enrico IV".

Rosa damascena versicolor
(Rosa Damascena variegata)
Pierre-Joseph Redouté

Nel dipinto attribuito a Nicholas Hilliard (1547-1619), detto "The Pelican Portrait" (dalla foggia del pendente sul petto di Elisabetta I), più dell'immagine della regina, è proprio la versione araldica della Rosa damascena versicolor a dominare la scena. Il fiore rosso a cinque petali con cuore bianco bottonato d'oro, rappresentato alla destra della sovrana, investe tutto il quadro con la sua forza iconica quale simbolo della potente dinastia Tudor. Elisabetta I, rivestita del suo paludamento regale, per contro, appare ridotta nella sua fisicità alla sommaria rappresentazione del volto e dell'esile mano.

Ritratto di Elisabetta I, "The Pelican Portrait"
olio su tavola, autore Nicholas Hilliard, 1575
Walker Art Gallery, Liverpool

La forma e il caratteristico gioco cromatico della Rosa Tudor si riverberano sui motivi decorativi dei tessuti (resi con grande cura, da notare la stoffa delle maniche a "maheutres"), fino a dettare i colori stessi del sontuoso abito alla francese e dei molti gioielli che lo illuminano.
Fra le gemme, le perle richiamano la discendenza York della regina, sottolineandone la femminilità e la verginità: la regnante, infatti, per servire pienamente il suo popolo, ha scelto la castità del nubilato.

Ritratto di Elisabetta I, "The Pelican Portrait"
Nicholas Hilliard, 1575 (particolare)

Esiste un altro ritratto, attribuito allo stesso pittore e simmetricamente speculare al precedente, conosciuto come "The Phoenix Portrait". Le creature che danno il nome ai due dipinti, simboleggiano cristologicamente le virtù fondamentali attribuite ad Elisabetta I: la carità nell'esercizio del regno, quella stessa del Pellicano che si becca il petto a sangue per nutrire la prole e la capacità di rigenerarsi, propria della Fenice, conservando (la regina è nubile e dunque senza discendenza) un'intramontabile, eterna giovinezza.
AuT

Ritratto di Elisabetta I, "The Phoenix Portrait"
olio su tavola, autore Nicholas Hilliard, 1575
National Portrait Gallery, Londra

Per approfondire:
"Le rose antiche da giardino", Graham Stuart Thomas. Rizzoli-L'Ornitorinco, 1979.
"Donne di palazzo nelle corti europee", a cura di Angela Giallongo, Edizioni Unicopli, 2005.

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